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16 ott 2025

Crypto 2026. Il fisco traccia e multe salate
pubblicato da: Web Master

Crypto 2026. Il fisco traccia e multe salate

Dal 2026, l'Agenzia delle Entrate riceverà automaticamente dati dettagliati su tutte le operazioni cripto degli italiani, grazie a una nuova direttiva europea. Chi pensava di muoversi ancora in una zona grigia dovrà ricredersi: arrivano controlli serrati, multe salate e persino il blocco degli account per chi non collabora. Ecco nel dettaglio cosa si rischiaIl governo italiano ha dato il via libera allo schema di decreto che recepisce la direttiva UE 2226/2023, meglio conosciuta come Dac 8. Si tratta di una vera e propria rivoluzione nel panorama della fiscalità europea, pensata per chiudere definitivamente ogni varco attraverso cui potrebbe sfuggire materia imponibile. Fino a questo momento, gli Stati membri dell'Unione Europea potevano scegliere discrezionalmente solo due categorie di reddito da comunicare agli altri Paesi. Questa flessibilità ha creato, nel tempo, evidenti squilibri e opportunità di evasione. Dal primo gennaio 2026, invece, la trasmissione automatica dei dati diventa obbligatoria e riguarda praticamente tutte le fonti di reddito principali: dagli stipendi alle pensioni, dai compensi dei dirigenti alle rendite delle polizze vita, fino alla proprietà e ai redditi generati da beni immobili.Ma la vera novità riguarda le cripto-attività, che per la prima volta entrano a pieno titolo nel sistema di reporting fiscale europeo. L'obiettivo dichiarato è quello di garantire piena tracciabilità anche nei settori più innovativi e digitalizzati, impedendo che la tecnologia possa diventare uno schermo dietro cui nascondere ricchezza o movimenti finanziari rilevanti. Si chiude, così, un'epoca in cui le criptovalute potevano muoversi in un limbo normativo, e si apre una fase di controllo capillare e coordinato.Perché proprio le criptovalute finiscono nel mirinoPer anni le criptovalute hanno rappresentato una sorta di far west digitale dal punto di vista fiscale. La loro natura decentralizzata, la velocità delle transazioni e l'assenza di intermediari tradizionali le hanno rese difficili da monitorare con gli strumenti classici dell'amministrazione finanziaria. Ogni Paese ha adottato regole diverse, creando un mosaico normativo frammentato che ha inevitabilmente facilitato comportamenti elusivi o evasivi.La direttiva Dac 8 interviene proprio per uniformare il quadro e imporre standard comuni a tutta l'Unione Europea. Dal primo gennaio 2026, gli exchanger di criptovalute - cioè le piattaforme che permettono di comprare, vendere o scambiare asset digitali - saranno obbligati a comunicare all'Agenzia delle Entrate una serie di informazioni molto dettagliate sui propri utenti. Non si tratta di dati generici: dovranno essere trasmessi i dati anagrafici completi, i codici fiscali, la residenza fiscale dichiarata e, soprattutto, tutte le operazioni effettuate, inclusi acquisti, vendite, trasferimenti e pagamenti.Il livello di dettaglio richiesto supera di gran lunga quello previsto dal Common Reporting Standard (CRS), lo standard internazionale per lo scambio automatico di informazioni finanziarie, e va persino oltre le raccomandazioni del Gafi, l'organismo che si occupa di prevenire il riciclaggio di denaro e il finanziamento del terrorismo. In pratica, chi utilizza criptovalute sarà tracciato con la stessa precisione con cui, oggi, viene monitorato chi ha un conto corrente bancario tradizionale.

Sanzioni pesanti e blocchi operativi per chi non si adegua

La nuova normativa non si limita a imporre obblighi: prevede anche un sistema di sanzioni molto severo per garantire che le regole vengano effettivamente rispettate. Tutti gli operatori che forniscono servizi legati alle cripto-attività dovranno, prima di tutto, ottenere l'autorizzazione prevista dalla normativa MiCAr (Markets in Crypto-Assets Regulation, regolamento UE n. 2023/1114) entro il 31 dicembre 2025. Questa scadenza vale sia per chi vuole entrare nel mercato, sia per chi è già attivo secondo le regole italiane dell'Oam (Organismo Agenti e Mediatori). Una volta autorizzati, gli exchanger saranno tenuti a condurre un'adeguata verifica fiscale e antiriciclaggio su tutti i clienti, raccogliendo e aggiornando costantemente i loro dati fiscali, ottenendo autocertificazioni valide e verificando la correttezza delle informazioni trasmesse. Chi non rispetta questi obblighi rischia sanzioni pecuniarie che vanno da 1.500 a 15.000 euro per ogni singola violazione e, poiché le multe sono cumulabili, gli errori ripetuti possono tradursi in esborsi davvero consistenti.Ma non sono solo gli operatori a essere coinvolti: anche gli utenti hanno precise responsabilità. Se un cliente ignora due solleciti consecutivi inviati dalla piattaforma per fornire o aggiornare le proprie informazioni fiscali, la sua operatività verrà bloccata. Non potrà più comprare, vendere o trasferire criptovalute fino a quando non avrà regolarizzato la propria posizione. Si tratta di un meccanismo di responsabilità condivisa pensato per incentivare la massima collaborazione da entrambe le parti. La strategia è chiara: rendere impossibile operare nel mercato delle criptovalute senza essere completamente trasparenti verso il Fisco. Chi sperava di continuare a muoversi nell'ombra dovrà fare i conti con una realtà ben diversa.Cosa devono fare ora operatori e investitoriIl margine di tempo per adeguarsi alle nuove regole è molto stretto. I prestatori di servizi per cripto-attività devono muoversi rapidamente su tre fronti: richiedere l'autorizzazione Micar entro dicembre 2025, aggiornare i propri sistemi informatici per essere in grado di raccogliere e gestire i dati fiscali richiesti, e prepararsi a trasmettere annualmente tutte le informazioni a partire dal 2026. Non si tratta di adempimenti banali: richiedono investimenti tecnologici, formazione del personale e una revisione completa dei processi operativi.Un aspetto particolarmente delicato riguarda la classificazione delle cripto-attività, che non sono tutte uguali dal punto di vista normativo. La normativa Micar distingue almeno due categorie principali: gli EMT (Electronic Money Tokens), assimilabili a moneta elettronica e che rientrano nel regime CRS, e gli ART (Asset Referenced Tokens), legati al valore di uno o più asset sottostanti e che seguono invece le regole del Carf (Crypto-Asset Reporting Framework). Questa distinzione è importante perché comporta regimi di trasmissione dati differenti, e un errore di classificazione potrebbe causare problemi fiscali sia all'intermediario che agli utenti.Anche gli investitori e gli utilizzatori di criptovalute devono prepararsi al cambiamento. È necessario che forniscano informazioni fiscali corrette e aggiornate alle piattaforme che si utilizzano, che rispondano tempestivamente a qualsiasi richiesta o sollecito ricevuto, e che tengano una traccia ordinata di tutte le operazioni effettuate.

16/10/2025

16 ott 2025

Crypto 2026. Il fisco traccia e mute salate
pubblicato da: Web Master

Crypto 2026. Il fisco traccia e multe salate

Dal 2026, l'Agenzia delle Entrate riceverà automaticamente dati dettagliati su tutte le operazioni cripto degli italiani, grazie a una nuova direttiva europea. Chi pensava di muoversi ancora in una zona grigia dovrà ricredersi: arrivano controlli serrati, multe salate e persino il blocco degli account per chi non collabora. Ecco nel dettaglio cosa si rischiaIl governo italiano ha dato il via libera allo schema di decreto che recepisce la direttiva UE 2226/2023, meglio conosciuta come Dac 8. Si tratta di una vera e propria rivoluzione nel panorama della fiscalità europea, pensata per chiudere definitivamente ogni varco attraverso cui potrebbe sfuggire materia imponibile. Fino a questo momento, gli Stati membri dell'Unione Europea potevano scegliere discrezionalmente solo due categorie di reddito da comunicare agli altri Paesi. Questa flessibilità ha creato, nel tempo, evidenti squilibri e opportunità di evasione. Dal primo gennaio 2026, invece, la trasmissione automatica dei dati diventa obbligatoria e riguarda praticamente tutte le fonti di reddito principali: dagli stipendi alle pensioni, dai compensi dei dirigenti alle rendite delle polizze vita, fino alla proprietà e ai redditi generati da beni immobili.Ma la vera novità riguarda le cripto-attività, che per la prima volta entrano a pieno titolo nel sistema di reporting fiscale europeo. L'obiettivo dichiarato è quello di garantire piena tracciabilità anche nei settori più innovativi e digitalizzati, impedendo che la tecnologia possa diventare uno schermo dietro cui nascondere ricchezza o movimenti finanziari rilevanti. Si chiude, così, un'epoca in cui le criptovalute potevano muoversi in un limbo normativo, e si apre una fase di controllo capillare e coordinato.Perché proprio le criptovalute finiscono nel mirinoPer anni le criptovalute hanno rappresentato una sorta di far west digitale dal punto di vista fiscale. La loro natura decentralizzata, la velocità delle transazioni e l'assenza di intermediari tradizionali le hanno rese difficili da monitorare con gli strumenti classici dell'amministrazione finanziaria. Ogni Paese ha adottato regole diverse, creando un mosaico normativo frammentato che ha inevitabilmente facilitato comportamenti elusivi o evasivi.La direttiva Dac 8 interviene proprio per uniformare il quadro e imporre standard comuni a tutta l'Unione Europea. Dal primo gennaio 2026, gli exchanger di criptovalute - cioè le piattaforme che permettono di comprare, vendere o scambiare asset digitali - saranno obbligati a comunicare all'Agenzia delle Entrate una serie di informazioni molto dettagliate sui propri utenti. Non si tratta di dati generici: dovranno essere trasmessi i dati anagrafici completi, i codici fiscali, la residenza fiscale dichiarata e, soprattutto, tutte le operazioni effettuate, inclusi acquisti, vendite, trasferimenti e pagamenti.Il livello di dettaglio richiesto supera di gran lunga quello previsto dal Common Reporting Standard (CRS), lo standard internazionale per lo scambio automatico di informazioni finanziarie, e va persino oltre le raccomandazioni del Gafi, l'organismo che si occupa di prevenire il riciclaggio di denaro e il finanziamento del terrorismo. In pratica, chi utilizza criptovalute sarà tracciato con la stessa precisione con cui, oggi, viene monitorato chi ha un conto corrente bancario tradizionale.

Sanzioni pesanti e blocchi operativi per chi non si adegua

La nuova normativa non si limita a imporre obblighi: prevede anche un sistema di sanzioni molto severo per garantire che le regole vengano effettivamente rispettate. Tutti gli operatori che forniscono servizi legati alle cripto-attività dovranno, prima di tutto, ottenere l'autorizzazione prevista dalla normativa MiCAr (Markets in Crypto-Assets Regulation, regolamento UE n. 2023/1114) entro il 31 dicembre 2025. Questa scadenza vale sia per chi vuole entrare nel mercato, sia per chi è già attivo secondo le regole italiane dell'Oam (Organismo Agenti e Mediatori). Una volta autorizzati, gli exchanger saranno tenuti a condurre un'adeguata verifica fiscale e antiriciclaggio su tutti i clienti, raccogliendo e aggiornando costantemente i loro dati fiscali, ottenendo autocertificazioni valide e verificando la correttezza delle informazioni trasmesse. Chi non rispetta questi obblighi rischia sanzioni pecuniarie che vanno da 1.500 a 15.000 euro per ogni singola violazione e, poiché le multe sono cumulabili, gli errori ripetuti possono tradursi in esborsi davvero consistenti.Ma non sono solo gli operatori a essere coinvolti: anche gli utenti hanno precise responsabilità. Se un cliente ignora due solleciti consecutivi inviati dalla piattaforma per fornire o aggiornare le proprie informazioni fiscali, la sua operatività verrà bloccata. Non potrà più comprare, vendere o trasferire criptovalute fino a quando non avrà regolarizzato la propria posizione. Si tratta di un meccanismo di responsabilità condivisa pensato per incentivare la massima collaborazione da entrambe le parti. La strategia è chiara: rendere impossibile operare nel mercato delle criptovalute senza essere completamente trasparenti verso il Fisco. Chi sperava di continuare a muoversi nell'ombra dovrà fare i conti con una realtà ben diversa.Cosa devono fare ora operatori e investitoriIl margine di tempo per adeguarsi alle nuove regole è molto stretto. I prestatori di servizi per cripto-attività devono muoversi rapidamente su tre fronti: richiedere l'autorizzazione Micar entro dicembre 2025, aggiornare i propri sistemi informatici per essere in grado di raccogliere e gestire i dati fiscali richiesti, e prepararsi a trasmettere annualmente tutte le informazioni a partire dal 2026. Non si tratta di adempimenti banali: richiedono investimenti tecnologici, formazione del personale e una revisione completa dei processi operativi.Un aspetto particolarmente delicato riguarda la classificazione delle cripto-attività, che non sono tutte uguali dal punto di vista normativo. La normativa Micar distingue almeno due categorie principali: gli EMT (Electronic Money Tokens), assimilabili a moneta elettronica e che rientrano nel regime CRS, e gli ART (Asset Referenced Tokens), legati al valore di uno o più asset sottostanti e che seguono invece le regole del Carf (Crypto-Asset Reporting Framework). Questa distinzione è importante perché comporta regimi di trasmissione dati differenti, e un errore di classificazione potrebbe causare problemi fiscali sia all'intermediario che agli utenti.Anche gli investitori e gli utilizzatori di criptovalute devono prepararsi al cambiamento. È necessario che forniscano informazioni fiscali corrette e aggiornate alle piattaforme che si utilizzano, che rispondano tempestivamente a qualsiasi richiesta o sollecito ricevuto, e che tengano una traccia ordinata di tutte le operazioni effettuate.

16/10/2025

16 ott 2025

Crypto 2026. Il fisco traccia e mute salate
pubblicato da: Web Master

Crypto 2026. Il fisco traccia e mute salate

Dal 2026, l'Agenzia delle Entrate riceverà automaticamente dati dettagliati su tutte le operazioni cripto degli italiani, grazie a una nuova direttiva europea. Chi pensava di muoversi ancora in una zona grigia dovrà ricredersi: arrivano controlli serrati, multe salate e persino il blocco degli account per chi non collabora. Ecco nel dettaglio cosa si rischiaIl governo italiano ha dato il via libera allo schema di decreto che recepisce la direttiva UE 2226/2023, meglio conosciuta come Dac 8. Si tratta di una vera e propria rivoluzione nel panorama della fiscalità europea, pensata per chiudere definitivamente ogni varco attraverso cui potrebbe sfuggire materia imponibile. Fino a questo momento, gli Stati membri dell'Unione Europea potevano scegliere discrezionalmente solo due categorie di reddito da comunicare agli altri Paesi. Questa flessibilità ha creato, nel tempo, evidenti squilibri e opportunità di evasione. Dal primo gennaio 2026, invece, la trasmissione automatica dei dati diventa obbligatoria e riguarda praticamente tutte le fonti di reddito principali: dagli stipendi alle pensioni, dai compensi dei dirigenti alle rendite delle polizze vita, fino alla proprietà e ai redditi generati da beni immobili.Ma la vera novità riguarda le cripto-attività, che per la prima volta entrano a pieno titolo nel sistema di reporting fiscale europeo. L'obiettivo dichiarato è quello di garantire piena tracciabilità anche nei settori più innovativi e digitalizzati, impedendo che la tecnologia possa diventare uno schermo dietro cui nascondere ricchezza o movimenti finanziari rilevanti. Si chiude, così, un'epoca in cui le criptovalute potevano muoversi in un limbo normativo, e si apre una fase di controllo capillare e coordinato.Perché proprio le criptovalute finiscono nel mirinoPer anni le criptovalute hanno rappresentato una sorta di far west digitale dal punto di vista fiscale. La loro natura decentralizzata, la velocità delle transazioni e l'assenza di intermediari tradizionali le hanno rese difficili da monitorare con gli strumenti classici dell'amministrazione finanziaria. Ogni Paese ha adottato regole diverse, creando un mosaico normativo frammentato che ha inevitabilmente facilitato comportamenti elusivi o evasivi.La direttiva Dac 8 interviene proprio per uniformare il quadro e imporre standard comuni a tutta l'Unione Europea. Dal primo gennaio 2026, gli exchanger di criptovalute - cioè le piattaforme che permettono di comprare, vendere o scambiare asset digitali - saranno obbligati a comunicare all'Agenzia delle Entrate una serie di informazioni molto dettagliate sui propri utenti. Non si tratta di dati generici: dovranno essere trasmessi i dati anagrafici completi, i codici fiscali, la residenza fiscale dichiarata e, soprattutto, tutte le operazioni effettuate, inclusi acquisti, vendite, trasferimenti e pagamenti.Il livello di dettaglio richiesto supera di gran lunga quello previsto dal Common Reporting Standard (CRS), lo standard internazionale per lo scambio automatico di informazioni finanziarie, e va persino oltre le raccomandazioni del Gafi, l'organismo che si occupa di prevenire il riciclaggio di denaro e il finanziamento del terrorismo. In pratica, chi utilizza criptovalute sarà tracciato con la stessa precisione con cui, oggi, viene monitorato chi ha un conto corrente bancario tradizionale.

Sanzioni pesanti e blocchi operativi per chi non si adegua

La nuova normativa non si limita a imporre obblighi: prevede anche un sistema di sanzioni molto severo per garantire che le regole vengano effettivamente rispettate. Tutti gli operatori che forniscono servizi legati alle cripto-attività dovranno, prima di tutto, ottenere l'autorizzazione prevista dalla normativa MiCAr (Markets in Crypto-Assets Regulation, regolamento UE n. 2023/1114) entro il 31 dicembre 2025. Questa scadenza vale sia per chi vuole entrare nel mercato, sia per chi è già attivo secondo le regole italiane dell'Oam (Organismo Agenti e Mediatori). Una volta autorizzati, gli exchanger saranno tenuti a condurre un'adeguata verifica fiscale e antiriciclaggio su tutti i clienti, raccogliendo e aggiornando costantemente i loro dati fiscali, ottenendo autocertificazioni valide e verificando la correttezza delle informazioni trasmesse. Chi non rispetta questi obblighi rischia sanzioni pecuniarie che vanno da 1.500 a 15.000 euro per ogni singola violazione e, poiché le multe sono cumulabili, gli errori ripetuti possono tradursi in esborsi davvero consistenti.Ma non sono solo gli operatori a essere coinvolti: anche gli utenti hanno precise responsabilità. Se un cliente ignora due solleciti consecutivi inviati dalla piattaforma per fornire o aggiornare le proprie informazioni fiscali, la sua operatività verrà bloccata. Non potrà più comprare, vendere o trasferire criptovalute fino a quando non avrà regolarizzato la propria posizione. Si tratta di un meccanismo di responsabilità condivisa pensato per incentivare la massima collaborazione da entrambe le parti. La strategia è chiara: rendere impossibile operare nel mercato delle criptovalute senza essere completamente trasparenti verso il Fisco. Chi sperava di continuare a muoversi nell'ombra dovrà fare i conti con una realtà ben diversa.Cosa devono fare ora operatori e investitoriIl margine di tempo per adeguarsi alle nuove regole è molto stretto. I prestatori di servizi per cripto-attività devono muoversi rapidamente su tre fronti: richiedere l'autorizzazione Micar entro dicembre 2025, aggiornare i propri sistemi informatici per essere in grado di raccogliere e gestire i dati fiscali richiesti, e prepararsi a trasmettere annualmente tutte le informazioni a partire dal 2026. Non si tratta di adempimenti banali: richiedono investimenti tecnologici, formazione del personale e una revisione completa dei processi operativi.Un aspetto particolarmente delicato riguarda la classificazione delle cripto-attività, che non sono tutte uguali dal punto di vista normativo. La normativa Micar distingue almeno due categorie principali: gli EMT (Electronic Money Tokens), assimilabili a moneta elettronica e che rientrano nel regime CRS, e gli ART (Asset Referenced Tokens), legati al valore di uno o più asset sottostanti e che seguono invece le regole del Carf (Crypto-Asset Reporting Framework). Questa distinzione è importante perché comporta regimi di trasmissione dati differenti, e un errore di classificazione potrebbe causare problemi fiscali sia all'intermediario che agli utenti.Anche gli investitori e gli utilizzatori di criptovalute devono prepararsi al cambiamento. È necessario che forniscano informazioni fiscali corrette e aggiornate alle piattaforme che si utilizzano, che rispondano tempestivamente a qualsiasi richiesta o sollecito ricevuto, e che tengano una traccia ordinata di tutte le operazioni effettuate.

16/10/2025

09 ott 2025

Le reti 6G avranno il sesto senso
pubblicato da: Web Master

Le reti 6G avranno il sesto senso

La tecnologia di rete continua a evolversi e sta superando di gran lunga i confini della semplice connettività. I ricercatori che stanno esplorando le capacità dei futuri standard 6G sono giunti a un’importante svolta: le reti intelligenti sono capaci di percepire e interpretare l’ambiente fisico circostante.

Il concetto di percezione non è affatto nuovo. I primi sistemi sonar e radar furono sviluppati per rilevare la presenza di aerei e navi. Queste furono tra le prime tecnologie in grado di rendere visibile l’invisibile; presentavano però limiti: erano costosi da realizzare, dipendenti da infrastrutture autonome e in gran parte inaccessibili al di fuori dei settori militare, aeronautico o meteorologico.

Oggi siamo alla vigilia di una trasformazione straordinaria. La tecnologia di rilevamento fisico, è destinata a diventare radicalmente più accessibile, più scalabile e più intelligente. La prossima generazione di reti mobili diventerà una interfaccia sensoriale, in grado di percepire il mondo fisico in tempo reale. Possiamo pensare a tale evoluzione come alla capacità di fornire le reti di un sesto senso. Non si tratta di una semplice metafora: è una realtà tecnica e commerciale che appare all’orizzonte via via che passiamo dal 5G all’era del 6G.

Dall’infrastruttura di rete ai sistemi percettivi

Tradizionalmente, il ruolo di una rete di telecomunicazioni è sempre stato quello di trasportare segnali audio e dati. Di generazione in generazione le reti sono diventate più intelligenti, con maggiori livelli di integrazione con il mondo che le circonda. Il 5G ha rappresentato una pietra miliare fondamentale, inaugurando un’era di bassissima latenza, ampia capacità e livelli di affidabilità elevatissimi.

PUBBLICITÀ

Il rilevamento di rete utilizza lo stesso tipo di segnale radio già in uso per trasmettere e ricevere dati. Una volta trasmessi, questi segnali rimbalzano sugli oggetti presenti nell’ambiente circostante, come persone, veicoli, muri o persino condizioni meteorologiche. Una rete dotata di capacità di sensing è in grado di ricevere i rimbalzi e interpretare le informazioni acquisite sugli oggetti presenti nelle vicinanze, come la loro dimensione, forma o direzione di marcia. Utilizzando gli algoritmi giusti e una potenza di calcolo adeguata, è possibile estrarre una grande quantità di dettagli da tali informazioni e utilizzarli.

La transizione dalla connettività di base alla percezione intelligente è guidata da nuovi modelli di AI, apprendimento automatico ed elaborazione avanzata dei segnali che permettono di elaborare enormi volumi di dati in tempo reale generando reti in grado di individuare modelli con un livello di precisione e dettaglio inimmaginabile solo pochi anni fa.

Dare senso al mondo che ci circonda

Il nucleo centrale di tale trasformazione è una serie di protocolli tecnologici noti come Jcas (Joint communication and sensing). Si tratta di un principio fondamentale per i futuri standard 6G, la cui ambizione è far diventare il rilevamento di rete una funzionalità chiave su cui sviluppare nuovi casi d’uso. Con una fitta rete di siti di celle radio, è possibile mappare dinamicamente una versione digitale del mondo fisico che si aggiorna in tempo reale. Con il progredire delle reti e la sempre maggiore diffusione dell’uso di bande di frequenza mmWave e sub-terahertz, la risoluzione delle “immagini” di questa mappa digitale migliorerà significativamente. Larghezze di banda superiori significano dettagli più accurati, con conseguente maggiore chiarezza e accuratezza dell’immagine degli oggetti fisici rilevati.


I possibili utilizzi

Cosa si può fare concretamente con una rete con tecnologia sensing? Tantissime cose, a quanto pare, e sono tanti i settori che potrebbero trarne vantaggio. Nell’era della mobilità intelligente, le reti potrebbero essere utilizzate per rilevare veicoli, pedoni e altri pericoli. I segnali potrebbero persino “vedere” dietro gli angoli o in condizioni di scarsa visibilità. Ciò contribuisce a realizzare incroci stradali più sicuri, sistemi di gestione del traffico più reattivi e potenzialmente a supportare la guida autonoma.

Le reti di rilevamento hanno inoltre grandi potenzialità di migliorare la sicurezza pubblica. Nel controllo delle folle o in occasione di grandi eventi, il sensing può essere utilizzato per rilevare strutture di formazioni, schemi di movimento insoliti o intrusioni fisiche in aree riservate. Ciò potrebbe abilitare risposte più rapide e consapevoli alle emergenze. Inoltre può rappresentare un’alternativa alla video sorveglianza durante le manifestazioni pubbliche, dove l’uso della tecnologia di riconoscimento facciale ha sollevato timori in tema di privacy.

Anche il crescente utilizzo dell’automazione nell’industria può essere reso più sicuro grazie alla tecnologia di rilevamento. Macchine e robot potrebbero rispondere alla prossimità con esseri umani e interrompere processi pericolosi senza richiedere sensori o telecamere aggiuntivi.

L’assistenza sanitaria è un altro settore destinato a trarne beneficio, con potenziali applicazioni quali il monitoraggio della frequenza respiratoria o della mobilità di un paziente senza sensori applicati sul corpo. Ciò offre importanti opportunità per la telemedicina, l’assistenza agli anziani e il monitoraggio clinico, soprattutto in ambienti in cui la privacy è fondamentale. In un progetto congiunto del Fraunhofer Heinrich Hertz Institute e dell’ospedale universitario Charité di Berlino, si sta sperimentando la tecnologia di rilevamento di rete per rilevare i parametri vitali dei pazienti in modalità wireless.

Nuove opportunità commerciali

Da un punto di vista commerciale, il rilevamento di rete rappresenta una svolta epocale. Non è semplicemente un’altra funzionalità di rete, ma una piattaforma di servizi che può essere utilizzata in svariati settori. I Csp possono offrire servizi di informazioni basati sul rilevamento, creando nuove fonti di reddito in trasporti, logistica, sicurezza e gestione ambientale.

Per esempio, gli urbanisti potrebbero abbonarsi a servizi di analisi di rete per ottimizzare la temporizzazione dei semafori in base all’utilizzo della strada in tempo reale. Le aziende nel campo della logistica potrebbero monitorare il movimento dei container in un’area portuale senza dover ricorrere a dispositivi di tracciamento fisici. Gli enti ambientali potrebbero utilizzare i dati di rete per monitorare l’inquinamento o gli spostamenti della fauna selvatica in aree remote.

È importante sottolineare che ciò sarà reso possibile utilizzando un’infrastruttura di rete standard, potenziata da software e analisi dei dati. Non è necessario installare sensori aggiuntivi: basta sfruttare il potenziale di rilevamento della rete stessa. Ciò riduce significativamente gli ostacoli che impediscono ai Csp di proporre un’offerta di servizi realmente differenziata, in un momento in cui i gemelli digitali stanno avendo sempre maggiore diffusione.

Forgiare il futuro del mondo che ci circonda

La prossima generazione di reti mobili non si limiterà a offrire velocità più elevate o latenza più bassa. Essa impatterà anche sul tema della consapevolezza ambientale. Le reti sapranno cosa accade intorno ad esse e ci permetteranno di agire di conseguenza. I Csp trarranno vantaggio dalle potenzialità di molteplici nuovi servizi e flussi di entrate. I settori verticali sembrano destinati a beneficiare di una serie di nuove capacità su cui sviluppare casi d’uso all’avanguardia.

Nella cultura popolare, il sesto senso è spesso considerato un superpotere occulto, che conferisce a chi lo possiede livelli di intuizione fuori dal comune. Con l’evoluzione delle nostre infrastrutture, tutti noi potremmo presto beneficiare di capacità percettive più ampie.

10/10/2025

03 ott 2025

Trump, Blair pro genocidio Gaza e suo futuro
pubblicato da: Web Master

Dopo più di un’ora di attesa, il presidente degli Stati Uniti Donald Trump si è presentato nella East Room della Casa Bianca insieme al premier israeliano Benjamin Netanyahu per presentare un piano per porre fine alla distruzione della Striscia di Gaza da parte dell’esercito israeliano (Idf). Trump si è presentato con un piano di 21 punti definendo questo giorno “storico” e arrivando a sostenere che potrebbe essere “uno dei più grandi della civiltà”.ù punti del piano presentato da Trump

Il cuore del progetto sarebbe quello di trasformare Gaza in una “zona deradicalizzata e libera dal terrorismo”, ricostruita “a beneficio del popolo di Gaza, che ha già sofferto abbastanza”. Le condizioni prevedono la liberazione degli ultimi ostaggi israeliani in mano ad Hamas entro 72 ore, la restituzione dei corpi delle vittime, la formazione di un corpo di polizia e la distruzione della rete di infrastrutture che garantirebbe protezione ai militanti di Hamas, quali tunnel e fabbriche di armi. La smilitarizzazione della Striscia sarebbe invece graduale e verrebbe affidata ai paesi arabi al fine di dar vita a una nuova autorità di transizione. Trump ha sottolineato che nessun palestinese sarà costretto a lasciare Gaza, precisando che chi vorrà andarsene potrà farlo, ma a tutte e tutti sarà garantita la possibilità di tornare.

Se tutto va come deve andare, altrimenti…

L’accordo, secondo Trump, sarebbe quindi “molto vicino”, ma l’ultima parola spetterebbe ad Hamas: “Sono gli unici che mancano. Tutti gli altri hanno accettato. Ho la sensazione che arriverà una risposta positiva, ma se così non fosse”, Trump ha garantito a Netanyahu “pieno sostegno” per fare ciò che deve. Il riferimento è al completamento della distruzione della Striscia.

Trump ha anche ringraziato Netanyahu “per aver accettato il piano” ancor prima che il premier israeliano prendesse parola, cosa che poi ha fatto successivamente affermando, effettivamente, di supportare “il piano per porre fine alla guerra a Gaza”. “Se lavoriamo insieme [con Hamas, ndr] – ha continuato Trump – possiamo porre fine a decenni, persino secoli, di morte e distruzione”.


Il ritorno di Tony Blair

A supervisionare tutto quanto ci dovrebbe essere un cosiddetto un board of peace presieduto dallo stesso presidente degli Stati Uniti. “Non è stata una mia idea – credetemi, sono molto impegnato – ma me lo hanno chiesto i leader del mondo arabo e Israele, e ho accettato”, ha precisato Trump. Nel consiglio siederanno anche altri capi di stato insieme all’ex premier britannico Tony Blair, che avrebbe avuto un ruolo cruciale nel delineare la proposta. Il piano, infatti, sarebbe stato elaborato con il coinvolgimento di gran parte dei paesi arabi e musulmani quali Turchia, Arabia Saudita, Qatar, Emirati Arabi Uniti, Egitto, Pakistan e Giordania.

L'esercito israeliano resta alla finestra

Dal canto suo, Netanyahu ha affermato che “se questo organismo internazionale avrà successo, la guerra finirà definitivamente” precisando che, nel frattempo, l’esercito “resterà in un perimetro di sicurezza finché necessario”. Il premier ha anche sfruttato l’occasione anche per tentare di ricucire lo strappo con il Qatar dopo il bombardamento israeliano avvenuto a Doha il 9 settembre. “Non accadrà mai più”, ha promesso Netanyahu, mentre Doha si è detta disponibile a garantire il ruolo di mediatore.

Il bilancio complessivo della ritorsione israeliana all’attacco del 7 ottobre 2023 che costò la vita a 1.139 persone è di oltre 66mila vittime accertate, ma sarebbero migliaia i corpi ancora sepolti sotto le macerie. La conferenza si è conclusa senza citare la nascita di uno stato palestinese e senza lasciare spazio alle giornaliste e ai giornalisti presenti per chiarire parte delle questioni rimaste in sospeso.

Perché si parla di Tony Blair come futuro “governatore” di Gaza

L'ex premier britannico da diversi anni si è avvicinato al presidente Trump per consigliarlo sulle questioni arabe e delle regioni orientali; ora ha ottenuto di poter far parte del Consiglio di pace per Gaza previsto dal piano americano, nonostante il suo controverso passato

L'ex primo ministro britannico Tony Blair potrebbe finire per esercitare un'influenza significativa sulla Striscia di Gaza. Lunedì 29 settembre, il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha presentato il suo piano per porre fine alla guerra nel territorio palestinese, prevedendo la creazione di un board of peace internazionale che dovrebbe governare ad interim l'intera Striscia. Del Consiglio di pace farebbero parte lo stesso Trump, con un ruolo probabilmente onorifico, e Tony Blair: unico altro membro citato pubblicamente fino a questo momento. La scelta è ricaduta sull’ex premier laburista, al potere tra il 1997 e il 2007, perché da oltre un anno lavora a proposte per la gestione di Gaza attraverso il suo Tony Blair institute for global change, in coordinamento con Jared Kushner, genero di Trump ed ex consigliere per il Medio Oriente. Blair porta con sé anche una lunga esperienza nella regione: per otto anni è stato inviato speciale del Quartetto per il Medio Oriente, organismo composto da rappresentanti delle Nazioni Unite, degli Stati Uniti, dell'Unione europea e della Russia creato per facilitare la risoluzione del conflitto israelo-palestinese, e ha coltivato rapporti diretti con diversi paesi arabi. Il quotidiano Financial times ha confermato che Blair sarebbe disposto ad assumere un ruolo a Gaza.

Il passato di Blair pesa ancora

La lunga esperienza di Blair in Medio Oriente è segnata da fallimenti e controversie che sollevano dubbi sulla sua adeguatezza a guidare Gaza. Durante il suo governo, Blair sostenne attivamente le guerre in Afghanistan e in Iraq avviate dall'amministrazione statunitense del repubblicano George W. Bush, operazioni militari oggi considerate fallimentari dalla maggior parte degli analisti. L'allineamento incondizionato di un leader progressista alle strategie belliche di Washington è stato e rimane un problema per molti esponenti della sinistra europea.

Il coinvolgimento di Blair nella regione non si è interrotto nemmeno con la fine del suo mandato. Lo stesso giorno in cui rassegnò le dimissioni, nel giugno del 2007, accettò l'incarico di inviato speciale del Quartetto sul Medio Oriente. Blair ne divenne il capo negoziatore più prestigioso, mantenendo la posizione fino al 2015 senza ottenere risultati significativi. La leadership palestinese contestò ripetutamente la sua eccessiva vicinanza a Israele, minando la credibilità del suo ruolo di mediatore. Durante quegli otto anni, il processo di pace rimase sostanzialmente bloccato e le tensioni tra israeliani e palestinesi si aggravarono, specialmente nella Striscia di Gaza dove Hamas consolidò il proprio controllo.

Dopo aver lasciato il Quartetto, Blair ha continuato a occuparsi della questione palestinese attraverso il Tony Blair institute for global change, organizzazione non profit da lui fondata nel 2016 che oggi conta oltre 900 persone e opera in più di 40 paesi. L'istituto fornisce consulenza ai governi su governance, strategie di sviluppo e modernizzazione, con progetti particolarmente attivi in Africa e Medio Oriente. Sul fronte israelo-palestinese, l'organizzazione sviluppa raccomandazioni per il processo di pace e lavora su miglioramenti economici e umanitari in Cisgiordania e Gaza. L'istituto ha ricevuto finanziamenti controversi, inclusi 9 milioni di sterline (oltre 10 milioni di euro) dall'Arabia Saudita nel 2018, e proprio per questo è stato criticato per la collaborazione con regimi autoritari. Grazie alla fondazione, Blair ha stabilito relazioni personali con diversi leader arabi, tra cui il principe ereditario saudita Mohammed bin Salman.

Il piano elaborato con Kushner

Nell'ultimo decennio Blair si è progressivamente avvicinato all'amministrazione Trump, collaborando in particolare con Jared Kushner, genero del presidente che nel primo mandato ricoprì il ruolo di consigliere per il Medio Oriente. Secondo fonti diplomatiche citate dal Financial Times, Blair lavora su proposte per Gaza da oltre un anno, coordinandosi proprio con Kushner al punto che alcuni funzionari hanno definito il progetto “piano Kushner-Blair”. I due si sono incontrati alla Casa Bianca nell'agosto del 2024 per discutere della questione con Trump e i suoi collaboratori più esperti. Sempre secondo il quotidiano economico inglese le proposte elaborate da Blair prevedevano un forte coinvolgimento internazionale nella gestione del territorio attraverso un sistema di protettorato che avrebbe dovuto garantire stabilità e sicurezza. Tuttavia le autorità europee e dei paesi arabi avevano contestato l'eccessiva attenzione rivolta alle preoccupazioni di sicurezza israeliane, temendo che un approccio così sbilanciato potesse escludere le volontà palestinesi dall'accordo e privare il piano di qualsiasi legittimità agli occhi della popolazione locale.

Il piano finale annunciato il 29 settembre da Trump e accettato “in diretta” dal premier israeliano Benjamin Netanyahu sarebbe un compromesso tra le due visioni contrapposte visto che da un lato incorpora la richiesta degli stati arabi ed europei di affidare l'amministrazione quotidiana di Gaza a un comitato tecnico palestinese. Dall'altro mantiene l'elemento centrale delle proposte Blair-Kushner attraverso l'istituzione del **board of peace **con figure internazionali. Da quanto emerso finora, il board presieduto nominalmente da Trump, con Blair come membro di maggior rilievo avrà come compito quello di di monitorare l'operato del comitato palestinese e garantire il rispetto degli accordi di cessate il fuoco tra Israele e Hamas, fungendo da interfaccia tra l'amministrazione locale e la comunità internazionale.

Commento di Alessandro Leonardi.

Ricordo che il genero di Trump, Kushner fa parte del gruppo sionista dei Chabadisti Lubawitch che sponsorizzano la maggior parte delle potenze mondiali. Trump è legato ad essi ed è stato finanziato da essi. Anche Toni Blair.

Link dove Toni Blair elogia il Rabbi Jonathan Sacks, chabadista 

Ed ecco chi è Jonathan Sacks

https://www.chabad.org/therebb...

L'uomo che ha rivolto l'ebraismo verso l'esterno

Del rabbino Jonathan Sacks

Giugno 1994

Un grande leader è morto e il mondo ebraico è diventato un luogo più piccolo. La storia ricorderà i successi del settimo Rebbe di Lubavitch , il rabbino Menachem Mendel Schneerson . Il mio omaggio è semplice. Quest'uomo ha cambiato il panorama religioso della vita ebraica.

Ci siamo incontrati per la prima volta nel 1968. Ero uno studente universitario in visita all'ebraismo americano per conoscerne i leader intellettuali. Erano impressionanti. Ma il mio incontro con il Rebbe è stato unico. In ogni altro caso, ponevo domande e ricevevo risposte. Solo il Rebbe di Lubavitch ha ribaltato l'intervista e ha iniziato a farmi domande. Cosa stavo facendo per la vita ebraica a Cambridge? Cosa stavo facendo per promuovere l'identità ebraica tra i miei compagni di studio?

La sfida era personale e inequivocabile. Mi resi conto allora che ciò che rendeva straordinario il Rebbe era l'esatto opposto di ciò che gli veniva solitamente attribuito. Non era un uomo interessato a creare seguaci. Era invece un uomo che aveva la passione di creare leader.

Lui stesso fu un leader di portata eroica. Scelto per succedere al suo defunto suocero, il rabbino Yosef Yitzchak Schneersohn , alla guida di Lubavitch nel 1950, si impegnò a ricostruire il movimento nel clima inospitale dell'America laica. A quel tempo, era opinione diffusa che l'Ortodossia non avesse futuro negli Stati Uniti. Nessuno aveva ancora trovato il modo di rendere l'ebraismo tradizionale una presenza viva in un'America chiamata la medina di treifa .

Come tutti i leader rabbinici classici, il Rebbe iniziò con l'istruzione, creando una rete di scuole e yeshivot . Poi prese la decisione che avrebbe cambiato il volto di Lubavitch e, in ultima analisi, del mondo ebraico. Inviò i suoi seguaci in luoghi e comunità che non avevano mai conosciuto una presenza chassidica. Iniziò con i campus universitari. Già all'inizio degli anni '50, i Lubavitch lavoravano con studenti ebrei, raccontando storie chassidiche, cantando canzoni e introducendoli al mondo, fino ad allora remoto, del misticismo ebraico.

Fu una mossa straordinaria, niente meno che la reinvenzione dei primi giorni del movimento chassidico quando, nel XVIII secolo, i seguaci del Baal Shem Tov viaggiavano di villaggio in villaggio portando con sé il messaggio di pietà e fede.

Il chassidismo si era dimostrato il modo più efficace per proteggere l'ebraismo dalle incursioni della secolarizzazione. Ma il suo impatto fu limitato all'Europa orientale. Nulla era meno probabile del fatto che una strategia del vecchio mondo potesse avere successo nel nuovo. E così fu. Attratti dal suo calore, incuriositi dalla sua profondità, gli ebrei fino ad allora assimilati si sentirono attratti da Lubavitch e, incontrando il Rebbe, divennero suoi discepoli.

La seconda decisione fu ancora più straordinaria. Sebbene la fede che animava il Rebbe fosse tradizionale, l'ambiente a cui si rivolgeva non lo era. Prima e più profondamente di qualsiasi altro leader ebraico, si rese conto che le comunicazioni moderne stavano trasformando il mondo in un villaggio globale.

La leadership religiosa poteva ora essere esercitata su una scala prima impossibile. Il Rebbe iniziò a inviare emissari in tutto il mondo ebraico, in particolare e segretamente in Russia. Il movimento fu unificato dai suoi discorsi regolari, comunicati attraverso una serie di campagne di mitzvah . Poche organizzazioni internazionali avrebbero potuto essere guidate in modo più stretto da un singolo individuo con risorse minime.

Sarebbe difficile trovare un precedente storico per questo imponente sforzo volto a riaccendere la fiamma dell'ebraismo in un mondo laico. Se oggi abbiamo familiarità con il fenomeno dei baalei teshuvah (ritorni religiosi) e dell'evangelizzazione ebraica, ciò è dovuto quasi interamente al lavoro pionieristico di Lubavitch, poi adottato da molti altri gruppi all'interno dell'Ortodossia.

Il Rebbe era preoccupato per la sfida della leadership religiosa. In una conversazione che avemmo nel 1978, espresse la sua preoccupazione per la carenza di rabbini in tutta la Diaspora e per l'incapacità delle yeshivot di indirizzare i propri ex studenti verso il lavoro congregazionale. Mi incoraggiò a entrare nel rabbinato e a formare altri rabbini, e sostenne in particolare il lavoro del Jewish College. Lui stesso trasformò i suoi seguaci in leader il più presto possibile e, se la decisione di dare potere ai giovani espose Lubavitch a rischi, gli conferì anche un vigore e un'energia che non si trovavano in nessun altro luogo nel mondo religioso.

Dietro tutta questa attività si celava una visione avvincente, mai formalmente articolata ma comunque chiara. Il mondo ebraico, in particolare l'Europa da cui proveniva, era stato devastato dall'Olocausto. In seguito, una cosa era accaduta, ma un'altra no. Gli ebrei erano tornati nella terra d' Israele . Ma non erano tornati alla fede d'Israele.

Nell'ebraismo, il ritorno fisico e quello spirituale sono inseparabili. Nel mondo moderno si erano separati. Questa era la frattura che lui cercava di ricomporre. Laddove altri si dedicavano alla costruzione dello Stato ebraico, lui si dedicava alla ricostruzione della condizione interiore degli ebrei.

Lo stesso Rebbe era instancabile nel tracciare collegamenti tra gli eventi contemporanei e la porzione di Torah della settimana. I suoi seguaci non perderanno di vista l'importanza del fatto che morì all'inizio della settimana di Hukkat , la lettura della Torah che riporta il toccante decreto secondo cui Mosè sarebbe morto prima di guidare il suo popolo nella terra promessa. Come Israele fu per Mosè, così l'era messianica è stata per i più grandi leader dell'ebraismo: una destinazione verso cui si è viaggiato, intravista da lontano ma non ancora raggiunta.

Altri discuteranno delle posizioni controverse del Rebbe sulle grandi questioni ebraiche del nostro tempo. Io semplicemente piango la perdita di un intelletto autorevole, di una presenza maestosa, di un uomo dal fuoco spirituale e dal calore umano, uno dei pochissimi nella storia la cui influenza si è fatta sentire in tutto il mondo ebraico, l'uomo che ha rivolto l'ebraismo all'esterno e ha dedicato la sua vita a portare all'umanità post-Olocausto la presenza viva di Dio .

Del rabbino Jonathan Sacks

Il rabbino Lord Jonathan Sacks (1948-2020) è stato un leader religioso mondiale, filosofo, autore pluripremiato e stimata voce morale. Nel 2016 ha ricevuto il Premio Templeton in riconoscimento del suo "contributo eccezionale all'affermazione della dimensione spirituale della vita". Descritto da Sua Maestà il Re Carlo III come "una luce per questa nazione" e dall'ex Primo Ministro britannico Sir Tony Blair come "un gigante intellettuale", il rabbino Sacks è stato un collaboratore frequente e ricercato di radio, televisione e stampa, sia in Gran Bretagna che in tutto il mondo. Ha ricoperto la carica di rabbino capo delle Congregazioni Ebraiche Unite del Commonwealth per 22 anni, tra il 1991 e il 2013. Per leggere altri scritti e insegnamenti del rabbino Jonathan Sacks, visitate il sito www.rabbisacks.org .